Modificato il: 20/05/2024
MARIJUANA E IPERTENSIONE, ECCO CIÒ CHE DEVI SAPERE A RIGUARDO.
Sei un appassionato di canapa light e vuoi informarti maggiormente sugli studi riguardo la cannabis?
Devi sapere che le ricerche sulla marijuana e i suoi effetti positivi sono per così dire “in alto mare”, o meglio decisamente indietro rispetto ad altri studi.
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Infatti il proibizionismo – ormai quasi, anche se non del tutto, superato – ha fatto sì che il consumo di erba fosse bandito pressoché in tutte le nazioni, specie se connesse in qualche modo agli Stati Uniti. Di conseguenza è stata rallentata anche la diffusione delle notizie sui benefici della marijuana.
Oltretutto, fino a pochi decenni fa, le uniche informazioni disponibili sull’erba erano quelle negative, manipolate perfino da molti governi (come denunciato anche nei documentari sulla cannabis).
Tutti sanno ad esempio che le canne possono provocare dipendenza e alterano la psiche per via del THC (ciò, come ben saprai, non sussiste invece con la cannabis light). Nel 2017 inoltre iniziò a diffondersi la notizia che consumare erba aumentasse nettamente il rischio di morte per ipertensione, la principale causa di infarti, ictus e altre malattie dell’apparato cardiocircolatorio.
Ma davvero marijuana e ipertensione sono correlati? Cosa c’è di vero in questa affermazione?
Leggi anche: Cannabis CBD: gli effetti della marijuana legale
Lo studio (ritrattato) su marijuana e ipertensione.
Nel 2017 aveva fatto scalpore uno studio pubblicato sulla rivista European Journal of Preventive Cardiology riguardante l’ipertensione come diretta conseguenza del consumo di marijuana.
Gli autori della ricerca affermavano che, in base ai loro risultati, l’uso di cannabis potesse avere effetti negativi sul sistema cardiovascolare aumentando il rischio di morte per ipertensione.
I risultati erano stati ottenuti mediante l’analisi dei dati di 1200 pazienti dai 20 anni in su. Informazioni estrapolate da un ulteriore studio, il National Health and Nutrition Examination Survey degli Stati Uniti e successivamente incrociate con i dati sulla mortalità del Ministero della Salute statunitense.
Perché la ricerca del 2017 su marijuana e ipertensione non è attendibile.
Chi condusse lo studio considerò come “Fumatori di marijuana” anche chi l’aveva provata soltanto una volta, dunque non soltanto i consumatori abituali. Inoltre non era chiaro cosa si intendesse per “abituali”. Chi utilizzava marijuana quotidianamente? Chi una volta alla settimana o una volta al mese? Tutto ciò non era chiaro.
Di conseguenza i risultati della ricerca non possono che essere altamente imprecisi, in quanto una canna non può condizionare l’intera vita né, figuriamoci, il rischio di ipertensione.
Non è tutto: spesso i narcotrafficanti spacciano non cannabis pura, bensì contaminata con altre sostanze. Veleno per topi, lacca e piombo sono solo alcuni degli elementi che spesso contaminano le infiorescenze. E non è noto se le persone oggetto di studio utilizzassero marijuana sicura o meno.
In ogni caso lo studio, chiamato “Effetto dell’uso di marijuana sulla mortalità cardiovascolare e cerebrovascolare”, è stato poi ritrattato dallo stesso editore in accordo con gli autori.
Nella ricerca era infatti presente un sondaggio sull’uso della marijuana posto alle persone che avevano partecipato al National Health and Nutrition Examination Survey. Ma non tutte erano ancora vive.
Al posto dei risultati dello studio, sulla pagina del sito vi è un avviso:
“Un errore metodologico ha portato a distorsioni dell’immortalità nei risultati di questo articolo. Pertanto, gli intervalli di sopravvivenza per i partecipanti utilizzati in questo sondaggio erano insoddisfacenti.
Tutti i pazienti deceduti prima del 2005 non sarebbero stati in grado di completare il sondaggio postumo sull’uso della marijuana. Pertanto, non è possibile accertare l’uso di marijuana nei pazienti deceduti prima del 2005. Di conseguenza, lo stato di sopravvivenza prima del completamento del sondaggio avrebbe dovuto essere censurato”.
Ma a parte questo studio, cosa si sa riguardo marijuana e ipertensione? Cosa succede se ci concentriamo solo sul CBD, il principio attivo prevalente nell’erba light e nell’olio CBD?
Leggi anche: Marijuana e fegato: sapevi che la cannabis ha un effetto positivo sulle malattie del fegato?
CBD e ipertensione.
Il cannabidiolo, chiamato comunemente CBD, è uno dei più importanti principi non psicoattivi presenti nella marijuana. In particolare, nella cannabis non depotenziata il CBD è accompagnato dal THC (spesso in alte percentuali); nella cannabis CBD, invece, il CBD supera spesso il 10 o il 20%, mentre il THC per la legge svizzera deve essere inferiore all’ 1%.
Si tratta di una sostanza dai numerosi effetti benefici per il nostro organismo; il CBD presenta infatti proprietà:
- antinfiammatorie
- anticonvulsive
- antiossidanti
- antiemetiche
- ansiolitiche
- antipsicotiche
Ma le ricerche a riguardo sono ancora in corso d’opera, tanto che si sta studiando la sua possibile capacità di contenere la diffusione di alcuni tumori.
Tra gli studi in corso vi è quella del CBD come aiuto contro l’ipertensione arteriosa.
Prendiamo come esempio la ricerca “A single dose of cannabidiol reduces blood pressure in healthy volunteers in a randomized crossover study” ovvero “Una singola dose di cannabidiolo riduce la pressione sanguigna in volontari sani in uno studio crossover randomizzato”.
Durante questo studio, condotto dal Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche e pubblicato nel 2017, 9 volontari maschi sani hanno ricevuto 600 mg di Cannabidiolo o placebo in uno studio crossover randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco. I parametri cardiovascolari sono stati monitorati utilizzando un finometro e laser Doppler.
Il CBD ha ridotto la pressione arteriosa sistolica a riposo e il volume dell’ictus, con aumento della frequenza cardiaca e mantenimento della gittata cardiaca. Infatti i soggetti che avevano assunto CBD avevano pressione arteriosa inferiore (specialmente prima e dopo lo stress), aumento della frequenza cardiaca e diminuzione del volume dell’ictus.
In risposta allo stress, i soggetti che avevano assunto CBD (hashish, canapa, olio) hanno riscontrato una ridotta pressione arteriosa e un aumento della frequenza cardiaca, con una resistenza periferica totale inferiore.
Questi dati mostrano che la somministrazione acuta di CBD riduca la pressione arteriosa a riposo e aumenti la frequenza cardiaca negli uomini sotto stress.
Secondo i ricercatori sono necessari ulteriori studi per stabilire se il CBD ha un ruolo nel trattamento dei disturbi cardiovascolari.
E noi li attendiamo con trepidazione!
Fonti:
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/2047487317723212
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5470879/